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Denominazione Comunale di Origine_Deco

Il Comune individua, ai sensi dell'art. 3 del T.U. delle leggi sugli Enti Locali approvato con D. Lgs. 18/08/2000 n.267 e dell’art. 2 lettera c) dello Statuto, tra i propri fini istituzionali, anche l'assunzione di adeguate iniziative dirette a...

Descrizione

Il Comune individua, ai sensi dell'art. 3 del T.U. delle leggi sugli Enti Locali approvato con D. Lgs. 18/08/2000 n.267 e dell’art. 2 lettera c) dello Statuto, tra i propri fini istituzionali, anche l'assunzione di adeguate iniziative dirette a sostenere ogni forma d'intervento culturale a sostegno e tutela del patrimonio di tradizioni, cognizioni ed esperienze relative alle attività agroalimentari e gastronomiche riferite a quei prodotti che, per la loro tipicità locale, sono motivo di particolare interesse pubblico e, come tali, meritevoli di valorizzazione.

Documenti

Focaccia della Befana
Focaccia della Befana
FOCACCIA DELLA BEFANA
Caratteristiche

La fugassa dla Befana è registrata nei PAT (Prodotti Agroalimentari Tradizionali) del Piemonte e inserita nel Paniere dei prodotti tipici della Provincia di Torino. Va detto subito che gli ingredienti e la ricetta della fugassa non sono uguali a quella della focaccia della Befana rivarolese che si distingue per la forma, per lo spessore e per l’assenza dei canditi.
La focaccia della Befana rivarolese è di forma ovale e colore dorato o scuro, glassata con lo zucchero e non ha i canditi nell’impasto. Oltre alla più diffusa versione alta 2-3 centimetri, compatta e friabile, esiste anche una versione più alta e soffice con spessore fino ai 5 centimetri.
Per quella sottile gli ingredienti: farina 0, burro, zucchero, lievito, sale, acqua. E’ proibito l’uso di coloranti e conservanti.
Storia

Classico dolce per le feste familiari che veniva e viene prodotto da panetterie e pasticcerie di Rivarolo Canavese in occasione dell’Epifania. Nelle focacce rivarolesi non si è mai inserita la fava o la mandorla, come in altre focacce della Befana.
La focaccia della Befana viene prodotta a Rivarolo Canavese con gli stessi ingredienti e metodi di lavorazione da più di 50 anni nella versione alta e da circa 40 anni nella versione bassa.
Metodo di preparazione

Per la versione “bassa” si impastano tutti gli ingredienti e si lascia lievitare l’impasto. Si fanno le forme ovali e si posizionano sulle teglie di cottura. Si fa una seconda lievitazione e si fanno i caratteristici tagli che riproducono le venature di una foglia. Si spennellano con il burro fuso e si cospargono di zucchero per poi passarle in forno a 270-280° C per circa 10 minuti.
Utilizzo

Dolce

PAN DOUSS ‘D MALGRÀ
Caratteristiche

Il pan douss ‘d Malgrà è inserito nel Paniere dei prodotti tipici della Provincia di Torino.
Il pan douss è realizzato con farina 00, zucchero, tuorli d’uova fresche, acqua, burro, lievito naturale e sale.
Il dolce è una invenzione della Pasticceria Caon di Rivarolo Canavese negli anni ’80 del Novecento che ne sviluppò 3 versioni: il pan semplice, il pan rustico (con farina integrale) e il pan ricco (con pezzi di marron glaces), ne registrò il marchio (disegnato da Alberto Scarabosio) nel quale figurava il Castello Malgrà di Rivarolo Canavese.
Oggi la ricetta è stata ceduta alla Antica Pasticceria Pan Belmonte che ha rilevato i locali siti in Rivarolo Canavese della storica pasticceria.
Storia

Al Pan douss d’ Malgrà si è collegata una leggenda, opera della fantasia di Franco Ferrero, che racconta si trovasse traccia di questo dolce già nel Cinquecento, tempo in cui le casate rivali dei San Martino e dei Valperga si contendevano il possesso di Rivarolo. Il Castello di Malgrà era possesso dei San Martino e secondo questa leggenda il conte offriva il Pan douss durante i banchetti tenuti presso la sua corte. Il Pan Ricco deve la sua nascita alla golosità del conte che chiese ai suoi cuochi di inserire nel dolce anche le castagne che aveva fatto raccogliere nei boschi del circondario. Nel 1532 stretto dall’assedio del Duca di Savoia si dice che il Signore di San Martino riuscì a fuggire nottetempo attraverso un cunicolo segreto, travestito da mendicante, ma portandosi nella bisaccia anche alcuni pezzi del suo dolce preferito.
Il Pan douss ‘d Malgrà viene prodotto a Rivarolo Canavese con gli stessi ingredienti e metodi di lavorazione da più di 30 anni
Metodo di preparazione

Sono previste 48 ore di lavorazione e 24 ore di lievitazione naturale, poi il prodotto viene passato in forno.
Utilizzo

Dolce

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Fresse
Fresse
FRESSE
Le Fresse sono registrate come Frisse o Grive nei PAT (Prodotti Agroalimentari Tradizionali) del Piemonte e inserite nel Paniere dei prodotti tipici della Provincia di Torino.
Le Fresse sono polpettine preparate con fegato, frattaglie varie, carnetta (carne intercostale e rifilature di lavorazione) e grasso di maiale, uovo e parmigiano, impastate ed avvolte nell’omento (o rete). Le polpettine hanno pezzatura variabile compresa tra 30 e 60 g , possono essere cosparse con farina di mais per evitare che si attacchino le une alle altre. Nella ricetta tradizionale si usa aggiungere dell’uvetta lasciata a bagno nel vino, presenza che conferisce al prodotto un sapore leggermente dolce
Storia

Si tratta di un salume povero, nato come gli altri dalla rituale macellazione familiare del maiale, per l’utilizzo delle parti meno nobili dell’animale.
Sono di origine antichissima tanto che Bartolomeo Scappi nella sua "Opera" del 1570 dà addirittura tre ricette " per far tommacelle di fegato di porco" che sono simili a quelle attuali. Ne "Il Cuoco Piemontese perfezionato a Parigi" del 1766 troviamo invece una ricetta dal titolo "Fegato di vitello alla rete di porco, ossia crépine" che sostanzialmente sono fresse.
Le fresse vengono prodotte nel comune di Rivarolo Canavese con gli stessi ingredienti e metodi di lavorazione da più di 50 anni
Metodo di preparazione

Le frattaglie e le carni sono tritate più o meno finemente. All'impasto si aggiungono uova, sale, pepe, spezie varie e formaggio Parmigiano . Le polpette così ottenute vengono avvolte nell'omento del maiale e passate leggermente nella farina gialla, affinché non si attacchino le une alle altre. La ricetta tradizionale vuole la presenza dell’uvetta, lasciata a bagno nel vino per una notte.
Utilizzo

Le fresse vengono consumate dopo essere state fritte in padella con burro, olio e un po’ di vino bianco o rosso. In passato venivano fritte con lo strutto o il burro. Sono prodotte tradizionalmente a livello artigianale e non industriale, ed utilizzate per consumo familiare o più raramente nei ristoranti.

SALAMPATATA
Caratteristiche

Il Salampatata è registrato nei PAT (Prodotti Agroalimentari Tradizionali) del Piemonte e inserito nel Paniere dei prodotti tipici della Provincia di Torino.
E’ un insaccato morbido, esclusivo del Canavese, a base di carne suina, lardo, patate bollite e spezie. Conservanti (nitrati) in quantità ammessa dalla legge. Viene prodotto fra settembre e aprile, prima che le patate comincino a germogliare. Ha una forma ricurva, di colore chiaro con striature di tonalità che vanno dal grigio al rosato. Il peso varia da 150 a 200 g. Ha sapore dolce e delicato, struttura morbida, quasi spalmabile
Storia

L’uso della patata bollita deriva dalla cucina contadina povera, per creare un prodotto meno ricco di carne ma altrettanto appetitoso, infatti in passato la percentuale di patate era predominante. Oggi è diventato un prodotto gourmet, esclusivo del Canavese. Viene prodotto da tempo immemorabile in Canavese, ovviamente dopo l’introduzione della patata come alimento in Europa, ovvero a partire dalla seconda metà del XVIII secolo.
Il salampatata viene prodotto nel comune di Rivarolo Canavese con gli stessi ingredienti e metodi di lavorazione da più di 50 anni
Metodo di preparazione

Si fanno bollire le patate e si pelano a caldo. Poi si mettono nel tritacarne insieme ai ritagli di carne, quali carnetta, triti di banco, grasso di sottogola e spolpo di costine, ed agli aromi. Attualmente si utilizzano proporzioni uguali di circa 1/2 di patate e 1/2 di carne suina L’impasto è insaccato in budelli torti piccoli (38-40 mm di diametro) e consumato subito o lasciato brevemente ad asciugare. 
Utilizzo

E’ consumato soprattutto fresco (1-2-3 giorni) o dopo brevissima stagionatura (max 15 giorni). Il consumo tipico è crudo, ma è possibile anche fare un passaggio in forno. I ristoranti del territorio lo usano anche nel risotto o come ripieno per ravioli ed agnolotti o in altri primi piatti.


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Caffè
Caffè
CAFFE'
Il Bar "Portici" produce il proprio caffe all'interno dello stesso locale dl Via Ivrea, 2.
All'interno del locale esiste una zona dove sono state collocate tutte le attrezzature relative alla tostatura dei chicchi e sono visibili da una vetrina del locale stesso.

SCHEDE TECNICHE CAFFE' CRUDO
Santos cioccolatato gambato: dotato dI corposita' superiore ad ogni arabica* in quanto non lavato, non ha in generale sentori particolari e abbastanza neutro e ben poco acidulo. Per queste sue caratteristiche il Santos "cioccolatato" si distingue per il particolare gusto dovuto alla miscelazione dl vari tipi dl Santos.
Tanzania arabica top quality no nicaragua:
caffe' dl altura (oltre 1500 mt.), con corposita' accentuata per essere g arabica dl acidità media preparato accuratamente a mano per l' Italia. gusto dolce ed aromatico: sentori fruttati e cacao.
Colombia supremo crivello 17/18:  si caratterizza per il gusto mandorlato, in molti casi accentuato sentore dl cacao. con corposita' medio/alta ed acidita' medio/bassa. Negli ultimi 30 annI la produzione e un po' calata ma la lavorazione molto migliorata. Il supremo un caffe ben cernito, con chicchi uniformi, ben caratterizzati, senza la presenza dl caracoliti presenti invece nel colombia "excelso".
Costarica especial tarrazu:
caffe' eccezionale, molto dolce e dalla media corposità ed acidità elevata tipica degli arabica con forma dei chicchi allungata e piatta dal colore verde-bluastro caratteristico sentore frutti tropicali, agrumi con tinte floreali e a volte cioccolatato. ottimo per aromatizzare espressi dl alto livello. 
India robusta kaapi royal sc. 17 
ottimo robusto dal gusto morbido assolutamente non amaro prodotto solo in alcune zone dell'India. Viene affiancato all'arabica "santos" perchè, avendo praticamente le stesse caratteristiche organolettiche. quindi corposo e con gusto neutro, conferisce alla tazzina una cremosità maggiore. chicchi estremamente puliti, ben cerniti dall' aspetto liscio, e lucido.
UGANDA ROBUSTA sc 18 clean no black dhp : robusta con corposita' accentuata, con un chicco abbastanza ben lavorato rispetto ad altri africani. in tazza è abbastanza terroso e cioccolatato e si amalgama molto bene con altri indiani e vietnamiti robusta. non troppo amaro, crea una crema consistente e scura.
 
Ogni tipologia dl caffe' viene tostato separatamente con temperature diverse uno dall'altra.
Raggiunta la tostatura desiderata dopo 7 giorni dl degasificazione viene preparata la miscela e posta in un contenitore inox. Dopo altri 7 giorni il caffe' viene versato all'interno dl contenitori specifici numerati che permettono l'utilizzo del metodo kamban.
La miscela e' prodotta con 4 tipi dl arabica fino all' 83% e il restante 17% con 2 tipi dl robusta.
Il caffe e' ora pronto alla vendita ( in grani e macinato per moka) oppure estratto e servito nel bar.

GELATO: CREMA AL PASSITO DI CALUSO 
ingredienti:
- latte
- panna
- uova
- passito dl Caluso
- paste dl meliga
- addensante cremglasse'
ingredienti addensante:
(saccarosio, maltodestrine, glucosio in polvere, destrosio, grasso di cocco, farina dl semi dl carrube. (e410), fibra d'acacia).
Prodotti del territorio utilizzati:
Passito dl Caluso

La particolarità nel procedimento per l'ottenimento del Caluso passito è che si attenderanno 5 mesi prima che l'uva verrà pigiata. dal momento della raccolta sino alla fine di febbraio l'uva rimarrà in passitaia, ovvero nel sottotetto il luogo più ventilato, che permette questa funga conservazione. 
Trascorso questo periodo, finalmente arriva il momento della torchiatura: da questo momento il raro nettare ottenuto viene fermentato in una operazione rigorosa e lenta al fine di preservare i profumi e l'aroma dell'erbaluce. Proprio il trascorrere del tempo, leviga e raffina questo prodotto: il suo colore può variare dal giallo oro all'ambrato, i profumi sono delicati, floreali con note di miele e albicocca appassita. Al palato risulta dolce armonico e pieno, con un persistente retrogusto.
Temperatura di servizio consigliata 8-18° c
Azienda Agricola Caretto Loris Livio 10090 San Giorgio C.se (TO)
Paste dl meliga di Berta

Panetteria e pasticceria piemontese che produce tutto con il forno a legna. Paste di meliga realizzate con un grano coltivato a km 0, uova di galline allevate all'aperto e burro delle vacche rosse.
Ingredienti sani e naturali per creare un gusto unico e molta friabilità. Il forno a legna per la cottura del pane e dei biscotti è senza dubbio il migliore. Ma per ottenere buoni risultati fanno l'impasto con prodotti semplici senza additivi e senza grassi.
Il Fono a legna di Berta
Via Trento 65, Bosconero

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Gelato allo zabaione
Gelato allo zabaione
GELATO ALLA ZABAIONE
Caratteristiche

Si tratta di un gelato artigianale, i cui ingredienti sono: latte, zucchero, panna, tuorlo d’uovo, vino liquoroso, fibra alimentare, addensanti.
Si presenta come una crema compatta di colore giallo tipico del rosso d’uovo e dello zabaione.
Storia

Antenati del gelato sono riscontrabili in Cina (addirittura sin dal 2000 a.C.) e in Medio Oriente con i primi sorbetti. Per quanto riguarda il gelato in Italia, secondo alcune fonti, la nascita del gelato, nel XVI secolo, è da attribuire all'architetto fiorentino Bernardo Buontalenti, alla corte dei Caterina de’ Medici. A metà del Seicento, il sorbetto era consumato a Firenze, in Spagna e a Parigi, ma soprattutto a Napoli, che si segnalava come la città dei migliori sorbettieri. Nel 1671 un piatto di "gelato" fu servito al tavolo reale di Carlo II d'Inghilterra. Un "gelato" come dessert fu servito anche in una cena di gala a Stoccolma nel 1688. Questi "gelati" erano prodotti con panna, frutti e aromi, senza uova e contenevano molti cristalli di ghiaccio. La Sicilia fu la prima regione d'Italia dove, già verso la fine del XVII secolo, si diffuse il consumo delle creme gelate come il sorbetto, che entrò a far parte dei menù estivi dell’aristocrazia palermitana. Notizie certe riguardo l’invenzione del gelato riguardano Il siciliano Francesco Procopio dei Coltelli, che arrivò fino a Parigi, dove aprì nel 1686 un locale tuttora esistente, il Café Procope, in cui si serviva una grande varietà di gelati. Nel 1775 fu pubblicato a Napoli il Trattato De' Sorbetti, opera scientifica del professore universitario di Medicina Filippo Baldini, in cui si faceva distinzione tra sorbetti all'acqua e sorbetti al latte. Una serie di innovazioni tecniche, come la gelatiera a manovella (brevettata nel 1843 da Nancy Johnson), portarono alla diffusione più ampia del gelato e infine alla produzione industriale. In Italia a fine Ottocento il gelatiere napoletano Domenico Pepino portò a Torino la "Vera Gelateria Artigiana Napoletana" Pepino. La bottega propose in seguito un gelato noto come Pinguino, il primo gelato da passeggio con stecco, e divenne fornitrice della Casa Reale. Nel 1911 fu pubblicato il Trattato di Gelateria, il primo ricettario dedicato alla gelateria pubblicato in Italia, del perugino Giuseppe Enrico Grifoni. Un gelataio veneto emigrato negli USA, Italo Marchioni, nel 1904 inventò il cono gelato, un contenitore fatto di cialda con la parte aperta verso l'alto da riempire con il gelato (a palline o con una spatola). Il gelataio napoletano Spica rivestì il cono internamente con uno strato isolante di cioccolato, olio e zucchero, e lo riempì di gelato alla crema di latte ricoperta di cacao magro con granella di mandorle e nocciole. L’idea fu battezzata con il nome di Cornetto e brevettata nel 1961, per poi essere acquistata dalla multinazionale Unilever, proprietaria fra gli altri del marchio Algida.
Il gelato allo zabaione viene prodotto nel comune di Rivarolo Canavese con gli stessi ingredienti e metodi di lavorazione da più di 30 anni
Metodo di preparazione

Si procede alla miscelazione degli ingredienti tranne il vino liquoroso, si procede poi alla pastorizzazione (con passaggio a 85° C e abbattimento rapido a 4° C), viene poi inserito nel mantecatore o gelatiera e viene congelata la miscela (-6° C) avendo cura di inserire a metà mantecazione il vino liquoroso a filo.
Utilizzo

Gelato

Il latte a gelato
Il latte a gelato
IL LATTE A GELATO
Caratteristiche

Il latte a gelato viene realizzato con latte fresco piemontese, pochissimo zucchero di canna e melata di origine piemontese. Il latte a gelato è un marchio registrato della gelateria Enrietto.
Storia

Il prodotto viene realizzato da più di 40 anni nei ristoranti e nella gelateria Enrietto di Prascorsano e poi dal 2018 nella gelateria Il latte a gelato a Rivarolo Canavese.
Metodo di preparazione

Il gelato viene realizzato di fronte al cliente amalgamando gli ingredienti e utilizzando un mantecatore brevettato.
Utilizzo

Il latte a gelato viene abbinato a accompagnamenti vari: zabaione, mirtilli, fragole, scaglie di cioccolato, torrone, frutta fresca, creme di frutta, marmellate, ecc.

ZABAIONE
Caratteristiche

Lo zabaione è registrato nei PAT (Prodotti Agroalimentari Tradizionali) del Piemonte.
Lo zabaione viene realizzato con rossi d’uovo, Passito di Caluso (oppure Erbaluce di Caluso DOCG) e zucchero. Possibile la realizzazione anche con Marsala, Moscato, Champagne, vini passiti, liquori profumati
Le variazioni più frequenti alla ricetta riguardano il vino usato, che può essere un vino dolce come il Passito, il Moscato, o anche secco, bianco o in certi casi anche rosso; in origine era certamente prodotto con vino liquoroso. Frequente l’utilizzo del Marsala.
Le dosi dello zabaione variano secondo le abitudini e il tipo di vino utilizzato. Se il vino impiegato è piuttosto dolce come il Moscato la dose di zucchero è di un cucchiaio per ogni tuorlo (20 g circa) mentre se si utilizza un vino rosso come il Barolo la dose di zucchero va quasi raddoppiata. Lo stesso se si usa un vino liquoroso secco come il Marsala. La dose del vino è di 20 g per tuorlo per uno zabaione piuttosto denso e di 25-30 g per uno zabaione più fluido. Per evitare di pesare il vino, tradizionalmente si utilizza il mezzo guscio dell'uovo rotto leggermente sopra la metà (ben lavato). Consistenza: crema omogenea, leggera e spugnosa. Colore: in genere giallo uovo chiaro, ma dipende dal vino usato. Sapore: dolce, di uovo e caratteristico del vino usato.
Storia

Le origini della ricetta si perdono nella notte dei tempi e sono ancora incerte: sembra che una bevanda simile fosse già nota nel 1533, ma in versione fredda: alla corte di Caterina de' Medici veniva servita, infatti, una sorta di crema a base di uova, zucchero e vino. La leggenda vuole che a inventare il dolce siano stati i soldati del capitano di ventura Giovan Paolo Baglioni, giunto a Reggio Emilia nel 1471 con pochi viveri a disposizione. Baglioni inviò i suoi uomini a fare scorte di cibo, che tornarono con uova, zucchero e qualche fiasca di vino, ingredienti che vennero mescolati insieme dando vita al primo zabaione della storia. Il nome sembrerebbe derivare proprio da questo episodio: il capitano era chiamato dalle truppe “Zuàn Bajòun'”, nomignolo che venne poi storpiato in Zambajoun, Zabajione e, infine, Zabaglione o Zabaione. C'è poi chi sostiene che la crema affondi le proprie radici in terra balcanica e che si sia diffusa in Italia passando per Venezia, dove in passato si era soliti consumare la zabaja, bevanda dolce molto simile all'attuale zabaione. La teoria più accreditata però ritiene che sia stata inventata a Torino nel Cinquecento, in onore del francescano San Pasquale Baylón, protettore di cuochi e pasticceri, dapprima presentata con il nome di “crema di San Baylón” e poi, semplicemente, Sambayon (ancora oggi in dialetto piemontese la bevanda viene chiamata sanbajon).
Tante circostanze contribuiscono a rafforzare la leggenda, tra cui il fatto che San Baylon sia dal 1722 il patrono dei cuochi e il 17 maggio sia venerato e festeggiato nella chiesa di S. Tommaso, a Torino, dove si trova una sua statua lignea. Nella sede dell'associazione cuochi, poi, è conservata una bandiera del 1722, che reca la dicitura: "Pia Associazione di Cuochi Privati e Famigli d'ambo i sessi sotto l'invocazione S. Pasquale Di Baylon". Ulteriore versione è quella di Giuseppe Ciocca (1867-1950), secondo il quale fu Carlo Emanuele I, duca di Savoia, a gustare e gradire assai questo "delizioso camangiare" per la prima volta, e ad eleggerlo a dignità di mangiare da nobili. Se pensiamo che il duca concesse addirittura titolo di nobiltà a due suoi cuochi e a uno scalco di cucina per i meriti acquisiti, pensiamo anche a quanto stimolante fosse per i cuochi la ricerca di nuovi "camangiari". Le sue caratteristiche hanno dato adito ad una credenza maliziosa e antica, secondo la quale sarebbe stato consigliato alle popolane, e forse anche alle dame, come infallibile corroborante adatto a ridare vigore agli stanchi mariti. Si ritiene che lo zabaione sia invenzione di qualche cuoco della corte savoiarda alla fine del 1600.
Metodo di preparazione

La ricetta tradizionale si riassume nella proporzione 1+2+2, che sta ad indicare, riferendoci ai mezzi gusci d'uovo come unità di misura, di mescolare un tuorlo con due gusci di zucchero, montare a lungo, aggiungere poi due gusci di vino marsalato (alcune ricette riportano anche l’aggiunta di acqua che però secondo noi è da evitare). Per la sua preparazione, mettere i tuorli in un pentolino in acciaio sottile con un solo manico o nel tipico polsonetto in rame; unire lo zucchero e sbattere per 2-3 minuti con una frusta, finché il composto risulterà chiaro e spumoso. Aggiungere quindi il vino prescelto a filo, sbattendo, poi appoggiare il recipiente su una pentola contenente acqua bollente, facendo in modo che l'acqua lambisca i suoi bordi per un'altezza di circa tre dita oppure riscaldare a fiamma bassa sul fuoco vivo. Continuare a sbattere finché il composto risulterà cremoso. Il composto addensa a una temperatura di 82-85 °C. Tale temperatura non va superata per evitare che i tuorli strapazzino rendendo la crema grumosa.
Lo zabaione tradizionale viene preparato alla fiamma nel tipico paiolo di rame, sbattendo gli ingredienti con la frusta sino ad ottenere una crema.
Utilizzo

Lo zabaione è consumato come dolce, da solo oppure abbinato a dolci secchi o gelato (nel caso di Enrietto). Lo zabaione è anche un popolare “ricostituente” consumato fuori pasto.

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Antipasto dell'orto alla piemontese
Antipasto dell'orto alla piemontese
ANTIPASTO DELL'ORTO ALLA PIEMONTESE (GIARDINIERA)
Caratteristiche

L’antipasto piemontese è registrato nei PAT (Prodotti Agroalimentari Tradizionali) del Piemonte.
Si tratta della cosiddetta giardiniera di verdure o giardiniera alla piemontese. L'antipasto piemontese di verdure è una conserva alimentare preparata generalmente in agosto e settembre dalla maggior parte delle famiglie piemontesi. In tale periodo, infatti, negli orti, sono presenti le ultime verdure della stagione calda e le prime verdure dell'autunno. Le verdure impiegate sono: cipolline, fagiolini, carote, sedano, peperoni gialli e rossi, cimette di cavolfiore. Il quantitativo di passata di pomodoro non deve essere eccessivo, tale da coprire il sapore delle verdure. Esse, secondo le abitudini famigliari, possono essere tagliate più o meno grosse. Negli ingredienti anche Aceto di vino bianco o rosso, Olio d’oliva, Zucchero, Sale, Noce moscata ed eventualmente chiodi di garofano, cannella, alloro.
Storia

Originariamente la giardiniera si preparava (e in alcuni casi si prepara anche oggi) semplicemente lessando gli ortaggi in acqua e aceto; una successiva variante prevede l’aggiunta di conserva di pomodoro e in questo caso si parla più nello specifico di antipasto piemontese, che in alcune zone assume anche diverse denominazioni come “antipasto di verdure in salsa rossa” o “antipasto Gianduja”.
L'antipasto piemontese nacque tra la fine dell'Ottocento e gli inizi del Novecento dall'esigenza di conservare l'eccedenza di verdure presenti nell'orto tra la fine dell'estate e l'inizio dell'autunno e conseguentemente poterle consumare durante la stagione fredda, povera di ortaggi. In quegli anni, infatti, il metodo Appert, scoperto più di un secolo prima, era diventato abbastanza conosciuto anche tra la gente comune. Nei decenni precedenti gli autori di ricettari di cucina avevano iniziato a parlare di conservazione a bagnomaria, ma per via dell'analfabetismo, la sua diffusione era stata molto lenta. La sua grande diffusione però è avvenuta dopo gli anni Cinquanta del Novecento.
L'antipasto piemontese trae origine dalla giardiniera di verdure, piuttosto acidula e del tutto priva di pomodoro. Fino agli inizi del Novecento i pomodori erano scarsamente coltivati in Piemonte. Con l'influenza dell'immigrazione le coltivazioni di pomodori videro un incremento esponenziale e la giardiniera si trasformò in un antipasto in cui la percentuale della solanacea aumentò sempre di più.
Inizialmente la giardiniera veniva prodotto solamente per uso familiare. Tra la fine degli anni Ottanta e i primi anni Novanta, molte aziende agricole e gastronomie artigianali hanno iniziato a produrlo per la vendita al pubblico, in particolare nelle Langhe e nel Monferrato, le aree piemontesi in cui si è anche sviluppato maggiormente il turismo. Attualmente viene anche prodotto da aziende artigianali a livello semi-industriale.
La “giardiniera” in origine era un contorno, realizzato dai contadini con ingredienti poveri, raccolti direttamente nell’orto, con lo scopo di conservarli a lungo e renderli disponibili tutto l’anno. Ancora oggi si mantiene questa tradizione di riporre gli ortaggi cotti in olio o aceto, con l’aggiunta di sale e zucchero, e di utilizzarli come antipasto o come accompagnamento a pietanze “nobili” come gli arrosti e il bollito misto.
L’antipasto alla piemontese (giardiniera) viene prodotto nel comune di Rivarolo Canavese con gli stessi ingredienti e metodi di lavorazione da più di 50 anni.
Metodo di preparazione

Tutte le verdure vengono mondate e lavate, quindi tagliate in modo da conferire ai vari pezzi una dimensione abbastanza simile: a cubetti da circa 1-2 cm per lato; si separano le cimette del cavolfiore in modo che abbiano una dimensione analoga. Se non sono troppo grandi si possono lasciare intere le cipolline. In una pentola capiente si mette olio, aceto, zucchero ed eventualmente alloro, si fa scaldare e, alla comparsa delle prime bollicine, si introducono la passata di pomodoro o i pomodori precedentemente pelati. Appena questo sugo comincia a sobbollire, si inseriscono carote e sedano. Dopo 15 minuti si aggiungono i fagiolini e il cavolfiore. Si lascia cuocere per altri 10 minuti a fuoco medio con coperchio e poi si inseriscono le cipolline. Infine, dopo altri 10 minuti, si completa con i peperoni, lasciando cuocere anch’essi per lo stesso tempo. Si aggiusta di sale, si aggiunge la noce moscata e si prosegue la cottura per gli ultimi 10 minuti. Infine in famiglia si versava nei barattoli di vetro sterilizzati (burnie) la giardiniera ancora calda. Si lascia raffreddare, si copre la superficie con un filo d’olio, si chiudono bene i coperchi e si mettono i barattoli in una pentola capiente piena d’acqua. Si porta sul fuoco e si lascia bollire per 30 minuti in modo da ottenere un effetto “sotto vuoto”. I barattoli vanno sistemati in un luogo buio e asciutto: si conservano per almeno 6 mesi, ma è bene attendere un mese prima di consumarla. Una volta aperto il barattolo va consumato entro 4 giorni. Nella produzione professionale i vasetti non vengono riempiti d’olio, vengono chiusi con la capsula e sterilizzati nel forno a vapore.
Utilizzo

Oggi è consumato prevalentemente come antipasto, un tempo come contorno.

Salampatata
Salampatata
SALAMPATATA
Il Salampatata è registrato nei PAT (Prodotti Agroalimentari Tradizionali) del Piemonte e inserito nel Paniere dei prodotti tipici della Provincia di Torino.
E’ un insaccato morbido, esclusivo del Canavese, a base di carne suina, lardo, patate bollite e spezie. Conservanti (nitrati) in quantità ammessa dalla legge. Viene prodotto fra settembre e aprile, prima che le patate comincino a germogliare. Ha una forma ricurva, di colore chiaro con striature di tonalità che vanno dal grigio al rosato. Il peso varia da 150 a 200 g. Ha sapore dolce e delicato, struttura morbida, quasi spalmabile
Storia

L’uso della patata bollita deriva dalla cucina contadina povera, per creare un prodotto meno ricco di carne ma altrettanto appetitoso, infatti in passato la percentuale di patate era predominante. Oggi è diventato un prodotto gourmet, esclusivo del Canavese. Viene prodotto da tempo immemorabile in Canavese, ovviamente dopo l’introduzione della patata come alimento in Europa, ovvero a partire dalla seconda metà del XVIII secolo.
Il salampatata viene prodotto nel comune di Rivarolo Canavese con gli stessi ingredienti e metodi di lavorazione da più di 50 anni
Metodo di preparazione

Si fanno bollire le patate e si pelano a caldo. Poi si mettono nel tritacarne insieme ai ritagli di carne, quali carnetta, triti di banco, grasso di sottogola e spolpo di costine, ed agli aromi. Attualmente si utilizzano proporzioni uguali di circa 1/2 di patate e 1/2 di carne suina L’impasto è insaccato in budelli torti piccoli (38-40 mm di diametro) e consumato subito o lasciato brevemente ad asciugare.
Utilizzo
E’ consumato soprattutto fresco (1-2-3 giorni) o dopo brevissima stagionatura (max 15 giorni). Il consumo tipico è crudo, ma è possibile anche fare un passaggio in forno. I ristoranti del territorio lo usano anche nel risotto o come ripieno per ravioli ed agnolotti o in altri primi piatti.

PROSCIUTTO COTTO GRAN PARADISO
Caratteristiche

Ottenuto da una coscia nazionale di suino taglio Parma di 14 kg con osso. La fetta ha un colore rosato con venature di grasso.
Metodo di preparazione

La coscia viene disossata e mondata. Viene siringata al 20% con una salina contenente aromi naturali e nitrati. Rimane in marinatura per 4-5 giorni subendo dei massaggi quotidiani con la salina. Successivamente viene messo nella forma e cotto a vapore per 13 ore a bassa temperatura (75° c). Dopo la cottura la coscia viene abbattuta e portata a 0-2 ° c. A questo punto il prodotto è pronto per la vendita e l’utilizzo.
Storia

Viene prodotto nel comune di Rivarolo Canavese con gli stessi ingredienti e metodi di lavorazione da più di 15 anni.
Utilizzo

E’ consumato affettato come antipasto.

SALAM CASTAGNA
Caratteristiche

Insaccato nel budello torto (38-40 mm) è lungo circa 12-15 cm. La fetta si presenta con un colore rosa-beige. Gli ingredienti sono: 40% di castagna, 10% di patata e 50% di carne di suino, sale, pepe, un goccio d’olio d’oliva e aromi naturali. Conservanti (nitrati) nella quantità ammessa dalla legge.
Metodo di preparazione

Le castagne sbucciate e le patate con la pelle vengono cotte a vapore. Le patate vengono poi pelate e il tutto viene abbattuto a 0-2 ° c. Le patate, le castagne e la carne vengono tritate finemente e poi impastate con gli aromi e successivamente insaccate nel budello. Il prodotto si può consumare anche subito o stagionare per un massimo di 15 giorni.
Storia

Il prodotto è una ricetta della Macelleria Ivo Bertinetto di Rivarlo Canavese che partendo dal prodotto tradizionale del salampatata ha voluto fare una variante utilizzando un prodotto tipico della vallate alpine del Canavese, la castagna. 
Utilizzo

E’ consumato affettato come antipasto.

LINGUA COTTA
Caratteristiche

La lingua di bovino cotta è registrata nei PAT (Prodotti Agroalimentari Tradizionali) del Piemonte e inserita nel Paniere dei prodotti tipici della Provincia di Torino.
Si tratta di lingua di vitellone o di bovino adulto, cotta per lessatura o a vapore e pronta per il consumo. Il peso varia tra 1-1,7 kg, la lunghezza pari a 20 – 35 cm e la larghezza della fetta nella parte maggiore è di circa 7-8 cm. Presenta un caratteristico colore rosato, il profumo è quello tipico di carne cotta impreziosito dalle spezie presenti nella concia.
Storia

La lingua cotta in vari modi è riportata su tutti i ricettari di cucina piemontese sia settecenteschi che ottocenteschi. La lingua cotta e servita con il bagnetto verde o il bagnetto rosso è invece un piatto più popolare, diffuso in quasi tutto il Piemonte e che compare su gran parte dei ricettari piemontesi pubblicati dall’ultimo dopoguerra ad oggi.
La lingua cotta viene prodotta nel comune di Rivarolo Canavese con gli stessi ingredienti e metodi di lavorazione da più di 50 anni
Metodo di preparazione

La preparazione artigianale della lingua cotta prevede la toelettatura e la pulizia, viene siringata con una salina con profumi e nitrati. Poi viene massaggiata con la medesima mistura e lasciata in marinatura per una settimana, con rivoltamenti tutti i giorni. La lingua viene poi lavata in acqua corrente, messa sotto vuoto e fatta cuocere a bassa temperatura (75° c) per 12 ore.
Utilizzo

E’ consumata affettata finemente come antipasto e viene servita con salsa verde o rossa.

SALAME DELLA ROSA
Caratteristiche
Il Salame della rosa è inserito nel Paniere dei prodotti tipici della Provincia di Torino.
Salame crudo a grana medio-grande insaccato in budello di maiale. L’impasto viene preparato con 80-75% di carne di maiale e 20-25% di lardo suino, passato con griglia larga e quindi condito con sale, pepe bianco in polvere e poco pepe bianco in grani e spezie aromatiche. Il salame è di lunghezza variabile fino anche a 70 cm, di diametro variabile dai 5 agli 8 cm e di peso variabile da 0,3 a 35 kg. Inoltre la legatura è fatta pazientemente e rigorosamente a mano
Storia

È il vero salame tradizionale del Canavese ed era così amato da meritarsi il nome di salame buono (salam Bun). Il nome di questo salame deriva dal pregiato budello naturale utilizzato per insaccarlo, cioè il culare, chiamato anche "budello della rosa", lungo anche fino ad un metro. Questo tipo di budello, grazie al suo spessore, prevede una stagionatura più lenta, ma la sua grassezza ne migliora particolarmente il sapore.
Viene prodotto nel comune di Rivarolo Canavese con gli stessi ingredienti e metodi di lavorazione da più di 50 anni.
Metodo di preparazione

Viene insaccato nel budello di maiale spesso, incordato a mano e poi posto ad asciugare in una cella ad una temperatura di 20° c ed al 65% di umidità per circa 2 giorni, poi viene portato a una temperatura di 14°. Dopo una settimana il prodotto può essere consumato ma la stagionatura può arrivare anche fino a 4 mesi acquisendo profumi e aromi.
Utilizzo

E’ consumato affettato come antipasto.

SALAME COTTO
Caratteristiche

Il Salame cotto è registrato nei PAT (Prodotti Agroalimentari Tradizionali) del Piemonte e inserito nel Paniere dei prodotti tipici della Provincia di Torino.
E’ un salume di carne suina, a grana medio-fine, insaccato in budello di maiale. Conservanti (nitrati) in quantità ammessa dalla legge. La fetta è compatta ed omogenea, di colore rosa, con il grasso sotto forma di lardelli oppure macinato. E’ lungo circa 40 cm, di diametro variabile dagli 8 ai 12 cm e di circa 3-4 kg di peso.
Storia
Il Salame cotto viene prodotto nel comune di Rivarolo Canavese con gli stessi ingredienti e metodi di lavorazione da più di 50 anni
Metodo di preparazione

Le parti scelte del suino si utilizzavano generalmente per fare il salame crudo, con i ritagli e gli scarti delle parti magre veniva fatto il salame cotto. Attualmente il prodotto viene ottenuto con tagli scelti: spalla e musetto (50% di carne scelta di maiale di spalla, 25% di musetto ed il 25% di lardo e pancetta ). La carne viene macinata più o meno finemente e si aggiunge lardo o pancetta. I lardelli possono essere tagliati a mano, in tal caso i dadini hanno una pezzatura fino a 1 cm ; oppure possono essere tritati a macchina con diametro variabile. La conciatura prevede, a seconda della zona, sia il sale sia droghe e spezie quali pepe, cannella, noce moscata, chiodi di garofano. L'impasto viene messo in un grosso budello (Tascone o Bondeana). Tradizionalmente la cottura avveniva in acqua a fuoco lento, per evitare la rottura del budello, per il tempo di 1 ora per kg. Oggi la cottura avviene in forni in corrente di vapore fino al raggiungimento di 75 °C al cuore del prodotto. La conservazione un tempo avveniva in cella frigo nel liquido di bollitura, oggi si preferisce la conservazione sottovuoto che garantisce al prodotto una vita di almeno 30 giorni.
Utilizzo

E’ consumato affettato come antipasto.

FRESSE
Le Fresse sono registrate come Frisse o Grive nei PAT (Prodotti Agroalimentari Tradizionali) del Piemonte e inserite nel Paniere dei prodotti tipici della Provincia di Torino.
Le Fresse sono polpettine preparate con fegato, frattaglie varie, carnetta (carne intercostale e rifilature di lavorazione) e grasso di maiale, uovo e parmigiano, impastate ed avvolte nell’omento (o rete). Le polpettine hanno pezzatura variabile compresa tra 30 e 60 g , possono essere cosparse con farina di mais per evitare che si attacchino le une alle altre. Nella ricetta tradizionale si usa aggiungere dell’uvetta lasciata a bagno nel vino, presenza che conferisce al prodotto un sapore leggermente dolce.





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Raschiette
Raschiette
RASCHIETTE
Caratteristich
e
Le raschie o raschiette sono inserite nel Paniere dei prodotti tipici della Provincia di Torino.
Sono forme di pane tradizionali del Canavese, di pezzatura bassa e rettangolare, lunghe fino a 15 cm e larghe 4 cm (raschie) oppure più piccole di forma quadrata irregolare (raschiette) oppure ancora rotonde di diametro 5 cm (mini raschiette).
Gli ingredienti farina 00, strutto, olio di oliva, lievito, sale e acqua.
Devono il loro nome al fatto che l’impasto viene porzionato con la raschia.
Storia

Vengono prodotte nel comune di Rivarolo Canavese con gli stessi ingredienti e metodi di lavorazione da più di 50 anni.
Metodo di preparazione

Viene preparata la biga (lvà) ovvero un impasto di farina, acqua e lievito. Si lascia lievitare dalle 18 alle 24 ore e poi si aggiunge farina e gli altri ingredienti (strutto, olio, acqua, lievito e sale). Si impasta e si lascia lievitare ancora dalle 2 alle 3 ore. Si formano a mano dei l filoni e si tagliano delle porzioni con la raschia (che dà quindi il nome raschiette). Si mettono su tavole di legno coperte da un telo in cotone e si lasciano lievitare un’altra ora per poi passare in forno a 215-220° C. La cottura dura dai 15 ai 20 minuti.
Utilizzo

Pane da tavola

FOCACCIA DELLA BEFANA
Caratteristiche

La fugassa dla Befana è registrata nei PAT (Prodotti Agroalimentari Tradizionali) del Piemonte e inserita nel Paniere dei prodotti tipici della Provincia di Torino. Va detto subito che gli ingredienti e la ricetta della fugassa non sono uguali a quella della focaccia della Befana rivarolese che si distingue per la forma, per lo spessore e per l’assenza dei canditi.
La focaccia della Befana rivarolese è di forma ovale e colore dorato o scuro, glassata con lo zucchero e non ha i canditi nell’impasto. Oltre alla più diffusa versione alta 2-3 centimetri, compatta e friabile, esiste anche una versione più alta e soffice con spessore fino ai 5 centimetri.
Gli ingredienti sono: farina 00, burro, uova intere, zucchero, vaniglia in bacca, lievito, sale, acqua. E’ proibito l’uso di coloranti e conservanti.
Storia
Classico dolce per le feste familiari che veniva e viene prodotto da panetterie e pasticcerie di Rivarolo Canavese in occasione dell’Epifania. Nelle focacce rivarolesi non si è mai inserita la fava o la mandorla, come in altre focacce della Befana.
La focaccia della Befana viene prodotta a Rivarolo Canavese con gli stessi ingredienti e metodi di lavorazione da più di 50 anni nella versione alta e da circa 40 anni nella versione bassa.
Metodo di preparazione
Per la versione “alta” ricetta Piccat si impastano tutti gli ingredienti e si lascia lievitare l’impasto per circa un’ora. Si fanno le forme ovali e si posizionano sulle teglie di cottura. Si fanno lievitare per circa un paio d’ore e si fanno i caratteristici tagli che riproducono le venature di una foglia. Si spennellano con il burro fuso e si cospargono di zucchero per poi passarle in forno a 200° C per circa 30 minuti.

Utilizzo

Dolce



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Tomino fresco di Mastri
Tomino fresco di Mastri
TOMINO FRESCO DI MASTRI
Caratteristiche

Il tomino canavesano fresco è un prodotto PAT (Prodotti Agroalimentari Tradizionali) del Piemonte ed è inserito anche nel Paniere dei prodotti tipici della Provincia di Torino.
Il Tomino Fresco di Mastri è un formaggio a latte vaccino intero, dalla caratteristica pasta morbida spalmabile, già pronto per il consumo il giorno successivo alla produzione. La forma è cilindrica. Peso di ciascun Tomino di 40 -70 g. Crosta assente; pasta bianca, morbida, cremosa-spalmabile. Sapore delicato, dolce di latte e panna, con una caratteristica sensazione acidula piuttosto leggera.
Storia

Il Tomino Canavesano Fresco ha origini antichissime e veniva già preparato nel Medioevo se non prima. La forma piccola deriva dal fatto che veniva prodotto nelle famiglie che avevano pochissimo latte. Sono citati su numerosi testi di scrittori canavesani dell'Ottocento e dei primi del Novecento.
Il tomino fresco di Mastri viene prodotto nella frazione Mastri del comune di Rivarolo Canavese (la frazione Mastri ha porzioni di territorio inserite anche nei comuni di Feletto e Bosconero) con gli stessi ingredienti e metodi di lavorazione da più di 100 anni.
Il tomino di Mastri è il protagonista di una popolare sagra nella frazione di Rivarolo che si svolgeva solitamente a giugno.
I personaggi del Carnevale della frazione Mastri sono significativamente il Tuminer e la Tuminera. Qualcuno dice anche che l‘etimologia del toponimo Mastri (anticamente Leoni-Mastri) sia derivata da Mastri in quanto Maestri, con riferimento alle varie professioni artigianali che vi si svolgevano sin dall’antichità, tra le quali prevaleva l’attività casearia. Non abbiamo però documenti storici o prove bibliografiche a conferma di questa ipotesi.
Metodo di preparazione

Il latte vaccino impiegato per il Tomino di Mastri è intero ed è l’unico ingrediente. Il latte deve essere a temperatura ambiente tra i 20 e i 24 gradi. A quella temperatura si aggiunge caglio animale (estratto dal rumine bovino). Mediamente si aggiungono 2 o 3 gocce per litro. Si lascia a riposo per 24 ore a temperatura ambiente. A quel punto si forma la cagliata che viene trasferita nelle fuscelle (faciorin ovvero formine). Dopo un paio d’ore di rigirano nella fuscelle per far assumere al tomino una forma regolare. Sono dunque pronti per il consumo. Se si forma ulteriore siero è necessario eliminarlo per evitare l’acidificazione del prodotto. Il tomino va conservato in frigo e si conserva per 8-10 giorni. Si tratta di un tipico formaggio tradizionale fresco o freschissimo.
Utilizzo

Il tomino può essere consumato come formaggio a fine pasto oppure anche come antipasto, da solo, con un filo d’olio extravergine d’oliva e un po’ di pepe ed eventualmente aglio (per chi lo gradisce). Tipica è la presentazione come antipasto con il bagnetto verde o rosso o con altro condimento, o ancora nella versione “elettrica” fatta marinare in olio e aceto. Non mancavano mai sulla tavola della marenda sinoira (merenda che fa da cena).
Un tempo nelle famiglie, spesso veniva schiacciato e condito con un po’ di panna liquida fresca (prelevata per affioramento dal recipiente del latte che si teneva in casa), aglio e pepe (e talvolta un filo d’olio o d’aceto). Veniva poi consumato con pane o patate lesse. Questa crema di formaggio veniva popolarmente chiamata bruss, ma non ha niente a che fare con il bruss tradizionale preparato con avanzi di formaggio e grappa o con il bruss di montagna derivato dalla ricotta aromatizzata con pepe e peperoncino.
 
TOMINO STAGIONATO DI MASTRI
Caratteristiche
Il tomino canavesano asciutto è un prodotto PAT (Prodotti Agroalimentari Tradizionali) del Piemonte, ed è inserito anche nel Paniere dei prodotti tipici della Provincia di Torino.
Il tomino di Mastri stagionato si ottiene dal Tomino fresco, stagionandolo e asciugandolo in modo da ottenere una pasta meno umida che si presta eventualmente a essere aromatizzata con olio, aceto e spezie. La forma è cilindrica nel formato singolo. Peso di 40-60 g, crosta assente o meglio così leggera da essere commestibile. Pasta bianca, leggermente asciutta. Sapore dolce delicato, con la sua varia aromatizzazione.
Storia

Il Tomino Canavesano Asciutto ha origini antichissime. I tomini stagionati di Mastri venivano fatti asciugare coperti da un telo di stoffa in luogo fresco e arieggiato. Una volta asciutti erano più facilmente trasportabili in ceste per essere venduti sui mercati locali. Sono citati su numerosi testi di scrittori canavesani dell'Ottocento e dei primi del Novecento. Non mancavano mai sulla tavola della marenda sinoira (merenda che fa da cena)
Il tomino stagionato di Mastri viene prodotto nella frazione Mastri del comune di Rivarolo Canavese (la frazione Mastri ha porzioni di territorio inserite anche nei comuni di Feletto e Bosconero) con gli stessi ingredienti e metodi di lavorazione da più di 100 anni.
Il tomino di Mastri è il protagonista di una popolare sagra nella frazione di Rivarolo che si svolgeva solitamente a giugno.
Metodo di preparazione

La materia prima è il Tomino di Mastri fresco che viene lasciato scolare per eliminare il più possibile il siero, lasciando le fuscelle in un recipiente forato per favorire lo scolamento del siero per almeno una giornata. I tomini vengono successivamente trasferiti su un canovaccio di tela che viene utilizzato anche per coprire il tomino e assorbe il siero rimanente. Il canovaccio va sostituito una volta al giorno e deve essere lavato esclusivamente con sapone di Marsiglia. Si procede in questo modo dai 7 ai 10 giorni a seconda del periodo dell’anno e della temperatura esterna. Nel caso diventino troppo secchi i tomini vengono inumiditi con una salamoia di acqua e poco sale. A questo punto il prodotto è pronto per il consumo. In frigorifero possono essere conservati anche per un mese.
Utilizzo

Il tomino asciutto viene consumato, nella marenda sinoira, come formaggio a fine pasto oppure anche come antipasto, in specie nella versione “elettrica” fatta marinare in olio e aceto.
Tradizionalmente il Tomino poteva essere passato nell'aceto e pepato in modo che fosse più facilmente conservabile. Talvolta venivano anche posti sott'olio, ma in genere l'olio, data la scarsità e preziosità, veniva aggiunto solamente al momento del consumo.

Frittelle di mele
Frittelle di mele
FRITTELLE DI MELE
Caratteristiche

Le frittelle di mele sono realizzate preferibilmente con Mele gialle del Piemonte della varietà Golden delicious con frutti di grossa pezzatura e di forma tronco-conica oblunga, di colore giallo oro, polpa di colore bianco o bianco-crema, consistente, croccante e succosa.
Le frittelle hanno una forma circolare e un colore dorato.
Vengono realizzate con fette di mela, uova intere, vanillina, zucchero, latte intero, farina, lievito, 1 scorza di limone grattugiato e 1 pizzico di sale. 
Storia

Le frittelle di mele alla piemontese hanno una storia antica che affonda le radici nell’epoca dell’Antica Roma. I Romani le chiamavano frictilia e le preparavano utilizzando mele, farina e latte. Questo dolce si diffuse rapidamente in tutto il Mediterraneo, arrivando in Spagna e assumendo diverse varianti in ogni parte d’Italia, con abbondanti testimonianze storiche in epoca medievale (ad esempio sono citate nel Liber de Arte coquinaria, composto da Mastro Martino da Como, nella seconda metà del XV secolo).
Nel corso dei secoli, la ricetta delle frittelle di mele si è evoluta e adattata alle tradizioni regionali. La versione locale si distingue per la sua semplicità e bontà, diventando uno dei piatti tipici del Piemonte, tipico del Carnevale ma non solo.
Le frittelle di mele sono prodotte nel comune di Rivarolo Canavese con gli stessi ingredienti e metodi di lavorazione da più di 50 anni, sia in famiglia, sia da numerosi negozi di gastronomia.
Le frittelle di mele sono proposte dalla Pro Loco di Rivarolo Canavese in numerose sagre e feste popolari (quali ad esempio il Mercatino dei Biautagambe, la Sagra d’autunno o altri eventi)
Metodo di preparazione

Per la pastella si mettono in una ciotola gli ingredienti, mescolando con la frusta fino ad ottenere una pastella priva di grumi ben amalgamata. Si lascia poi riposare. Nel frattempo pelare le mele, togliere il torsolo e tagliarle a fette orizzontali. Immergere poi le fette di mele nella pastella e poi farle friggere in abbondante olio bollente finché non sono cotte, possibilmente girandole una sola volta. A fine cottura adagiare in una teglia con carta assorbente e cospargere con zucchero.
Utilizzo

La frittella di mela è un dolce popolare, utilizzato anche come merenda. Inoltre la frittella di mela compare anche nella parte dolce del fritto misto alla piemontese.

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